Marco Schenardi è uno dei tanti doppi ex che hanno caratterizzato le stagioni a Brescia e poi alla Reggiana. Potremmo chiamare in causa anche tanti doppi ex come Maurizio Neri (ospite lunedi al Bar della Gazzettagranata) ma anche Mino Bizzarri, Dorin Mateut, Filippo Galli, Marco Ballotta, Marcello Campolongi ma Schenardi ha avuto un grande pregio: ha sempre vinto il campionato di serie B. “La mia storia da calciatore – rimarca Marco Schenardi – è sempre stata caratterizzata dalle promozioni in serie A ma anche dagli addii polemici e sempre non per mia volontà”.
“HO LASCIATO REGGIO CONTRO LA MIA VOLONTÀ, CON LUCESCU IL RISULTATO NON AVEVA IMPORTANZA”
A Brescia ha collezionato due promozioni in serie A.
“Sono stati quattro anni importanti dato che per la prima volta ho conosciuto il calcio vero. Quattro anni con Mircea Lucescu come allenatore Bellissimi ricordi ma anche a Brescia un addio ricco di polemiche e rimpianti”.
E dopo Brescia l’arrivo a Reggio Emilia e subito la promozione in serie A.
“Con Carlo Ancelotti è stata una bella cavalcata ma poi pensavo alla mia consacrazione con con l’arrivo l’anno dopo di Mircea Lucescu, che avevo avuto per 4 anni a Brescia, ma dopo il suo esonero la situazione è precipitata e sono stato costretto ad andare via in malo modo”.
Cosa è successo?
“Dal Cin aveva i suoi interessi e nonostante la mia volontà di voler rimanere alla Reggiana, alla fine sono stato costretto ad accettare il trasferimento a Vicenza e poi in prestito al Bologna”.
Perché Lucescu ha fallito a Reggio?
“Era una squadra con buoni giocatori ma composta di tante nazionalità difficile da amalgamare. Una squadra che giocava bene ma era fragile. Era la fotocopia del Brescia che è retrocesso il primo anno dopo lo spareggio col Bologna. Lucescu è molto legato al gioco più che ai risultati. Per questo necessitava di squadra all’altezza. Sono, però, convinto che quella Reggiana con un allenatore più concreto si sarebbe potuta salvare. Noi giocavamo un bel calcio, vedi le partita con Roma e Parma ma alla fine non portavamo a casa dei punti”.
Aveva una difesa debole?
“Non era scarsa ma composta da giocatori portati a giocare. L’unico difensore vero era Beierdorfer ma Grun era un libero votato a impostare, Sordo era più un’ala e anche Caini era molto offensivo. Poi in quel periodo a Ballotta era venuto il braccino”.
Con la Reggiana di Ancelotti si è divertito?
“Molto, è stato esaltante ma lo sarebbe stato anche l’anno dopo con Lucescu, per lo meno sarebbe stata una retrocessione molto più lottata, mentre quando è arrivato Oddo si è pensato, forse giustamente, più a fare cassa”.
Per questo è stato ceduto al Bologna?
“Bologna per me è stato un salto di qualità importante sia tecnico che economico ma non ho mai fatto queste scelte per mia volontà. Appartengo a quei giocatori più amati dai tifosi che dai dirigenti. E quando sei troppo amato dai tifosi ti vedono male. Io avevo il mio carattere, nello spogliatoi veniva prima la squadra, mentre quando i presidenti chiedevano di fare delle mediazione per i loro interesse, io ci sentivo poco. Ero anche scomodo per gli allenatori. A Vicenza il tecnico Reja quando faceva delle scelte e mi lasciava in panchina, veniva contestato. Per le società ero uno scomodo”.
Pare di capire che l’addio a Reggio non l’abbia proprio digerito.
“Mi è dispiaciuto tanto anche perché non ho potuto dire la verità. C’erano troppi interessi in gioco e Dal Cin mi aveva imposto, nel trasferimento, il mio silenzio. Cosi’ sono andato via da traditore e invece io non volevo lasciare la Reggiana”.
Come vede Brescia-Reggiana?
“E’ una partita importante. Il Brescia è un’ottima squadra ma paga l’altalenante umore del suo presidente. Rispecchia il carattere del presidente Cellino. Alterna ottime prestazioni e risultati a clamorose debacle. Anche all’interno della stessa partita ha questi alti e bassi inspiegabili. La Reggiana, credo, abbia pagato le difficoltà del Covid perché allenarsi male e poco produce effetti devastanti. La squadra è stata costruita per disputare un campionato tranquillo e sta tenendo fede alle aspettative. Sono contento dell’approdo dopo tanto tempo in serie B dei granata. Conosco bene Doriano Tosi perché era amico dei miei procuratori e anche il patron Romano Amadei perché da allenatore dovevo andare a Lentigione. Sono felice per la piazza, per i tifosi, per tutta quella gente che ha festeggiato la promozione. L’anno della promozione in serie A non ho potuto godermi lo spettacolo, perché dopo la partita a Verona sono rientrato a casa e ho perso i festeggiamenti. A Reggio Emilia sono stato molto, molto bene”.
Oggi allena nelle giovanili della Ternana ma ha accostato l’idea di una prima squadra nei professionisti?
“La speranza c’è sempre di fare qualcosa di buono ma se vuoi allenare a certi livelli devi essere agganciato a determinati carri e coltivare certi rapporti. Devi sacrificare il tuo futuro da giocatore e io non l’ho mai fatto. Ma lo rifarei ancora. Fa parte del mio carattere. Dopo aver allenato in serie D per 10 anni devo ammettere che c’è poca meritocrazia. Detto questo sono molto contento di allenare da due anni la Ternana Under 15. Ora il ruolo di allenatore non lo vivo come un assillo”.
E’ rimasto in contatto con alcuni dei suoi ex compagni?
“Mi sono visto con Gregucci e Cevoli ma soprattutto ho tenuto buoni rapporti con Carlo Ancelotti. Quando era al Real Madrid sono andato da lui per un mese. Sono in contatto su Fb con Lillo e Miari”.
Ha avuto successo come allevatore di cani Golden Retriever?
“Avrei preferito un successo da allenatore di calcio ma mi accontento”.
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