Non è giusto misurare la passione di una tifoseria dal numero dei presenti allo stadio. Non possiamo pensare, ad esempio, che a Salò ci siano più di 500 persone che seguano la Feralpi dato che stiamo parlando di un paese di 10mila abitanti. Ma lo stesso vale per il Sudtirol che è destinato ad essere
Non è giusto misurare la passione di una tifoseria dal numero dei presenti allo stadio. Non possiamo pensare, ad esempio, che a Salò ci siano più di 500 persone che seguano la Feralpi dato che stiamo parlando di un paese di 10mila abitanti. Ma lo stesso vale per il Sudtirol che è destinato ad essere il Sassuolo della serie B. I dirigenti pur con tutti i loro sforzi, cercando di coinvolgere tutta la Valle, non avranno mai le attenzioni dei bolzanini. Se ne potrebbero fare tanti di esempi che ci dovrebbero far riflettere. Ma non è questo il concetto che vorrei esprimere.
Il popolo granata, in particolar modo quest’anno, ha dimostrato una filosofia che in tanti club vogliono portare avanti ma in pochi ci riescono ed è la “cultura del tifo”. Non voglio cadere nei soliti discorsi di tifo pulito, del tifo sportivo e di altre baggianate simili. Gli ultrà hanno una loro filosofia che non voglio mettere in discussione ma ciò che mi preme sottolineare è la sinergia che si è ricreata nel corso della stagione tra il popolo granata nel più ampio senso della parola e la squadra. Vale anche per la società ma in modo meno diretto. E quando parlo di popolo granata mi rivolgo certamente a chi frequenta la Curva Sud, al Gruppo Vandelli e a tutti i frequentatori dei distinti ma anche i tifosi della tribuna che solitamente hanno la puzza sotto il naso o se volete il palato più fine. Voi direte: facile quando una squadra perde due sole partite nel corso di un campionato. Questo è vero perché i risultati aiutano ma al Città del Tricolore nel corso di questa stagione si è avvertito un’atmosfera diversa rispetto al passato. C’era la consapevolezza di una squadra che voleva divertirsi e divertire, vincere ma attraverso un calcio spettacolare o comunque che piace ai tifosi reggiani. Non dimenticherò mai il boato che ha accolto la squadra al ritorno in campo contro l’Entella. Eravamo sullo zero a zero e quel boato ha sicuramente trasmesso energia ai giocatori. Mi auguro che ciò avvenga anche venerdì sera. C’è qualcosa di più nel sentirsi tifoso di una squadra ma è quasi un cordone ombelicale che unisce. E non bisogna dimenticare che questo feeling è iniziato da tempo e non si è interrotto dopo un fallimento, nemmeno in serie D e anche dopo una retrocessione così amara com’è stata lo scorso anno.
Non so se sono nel giusto ma è qualcosa di unico. Poi caso mai verrò smentito e i tifosi fischieranno e contesteranno la squadra ma sono convinto che questa “cultura del tifo” da parte del popolo granata sia realmente un grande patrimonio da tutelare, esaltare ed esserne orgogliosi.
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