La gente di Reggio mi faceva sentire a casa mia perché mi trattava come uno di loro. Sono stati due anni belli a livello calcistico ma soprattutto per aver vissuto a Reggio Emilia”
Stefano Daniel ha militato per due stagioni nella Reggiana (1988/89 e 1989/90) con 58 presenze. In maglia granata ha conquistato la promozione in serie B. Oggi è il vice allenatore di Gotti allo Spezia. Cresciuto nella Fiorentina dove ha esordito in serie A dopo la parentesi a lla Reggiana, è poi passato in serie B al Messina, quindi Empoli, Siena e nuovamente alla Reggiana in serie A ma senza mai giocare, per poi concludere la sua carriera a Crevalcore, Palazzolo e Giorgione.
Stefano Daniel era arrivato a Reggio giovanissimo, poco più che vent’enne e come tutti i ragazzi che uscivano dal vivaio delle grandi squadra ha vissuto a Villa Granata. “I miei ricordi – spiega Stefano Daniel – sono di un calcio che purtroppo non c’è più. Un calcio fatto di sentimenti, passione, affetti, familiarità”.
Cosa significava vivere a Villa Granata?
“Con me c’era tutti i giocatori della mia età o anche di qualche anno in più ma che non avevano famiglia, quindi Silenzi, Guerra, e tanti altri. Eravamo un’unica famiglia e proprio questo era il segreto. Era come stare a casa, con i genitori. C’era un cuoco e sua moglie che ci coccolavano come se fossero loro figli”.
E Marchioro?
“Lui viveva nella dependance ma era sempre con noi. Facevamo colazione, pranzo e cena tutti assieme. Era tutto organizzato alla perfezione, proprio perché era come stare a casa in un ambiente sereno e sano. Pippo non solo ci dava fiducia e responsabilità in campo ma anche nella gestione della nostra vita privata. Era un padre di famiglia attento, a volte severo e a volte permissivo. Vivevamo bene”.
Un’esperienza da ripetere?
“Era perfetta per quel periodo. Lo ricordo quei momenti con grande piacere e anche con una punta di rimpianto perché credo che quel calcio non tornerà più. Dopo Reggio Emilia ho vissuto anche in altri ambienti ma non è stata la stessa cosa. A maggior ragione oggi non so se sarebbe possibile. Vale lo stesso discorso nel rapporto con il club e con i tifosi. Tutto è cambiato”.
Cosa ti è rimasto nel cuore di Reggio Emilia?
“Una città che mi ha fatto vivere come se fossi nel mio paese, con grande semplicità e affetto. Quando andavo in centro da Cimurri come anche in tanti altri negozi mi sentivo a casa. La gente di Reggio mi faceva sentire a casa mia perché mi trattava come uno di loro. Sono stati due anni belli a livello calcistico ma soprattutto per aver vissuto a Reggio Emilia”.
A livello gastronomico ricordi qualche piatto speciale?
“A Villa Granata era come mangiare i piatti della mamma, ovviamente reggiani. Se penso ai tortelli di zucca mi viene ancora l’acquolina in bocca. Erano fantastici come del resto tutta la cucina reggiana ma erano piatti curati anche da un punto di vista nutrizionale perché eravamo degli atleti”.
E’ riuscito a mantenere dei rapporti?
“Il calcio non ti lascia molto spazio per questo. Ho rivisto alcuni ex compagni al funerale di Loris Dominissini. E’ stato un momento triste ma mi ha fatto piacere rivedere De Vecchi, Guerra e tutti quelli che sono potuti venire. Adesso ci seguiamo su Facebook. Nico Facciolo, Walter De Vecchi, Fulvio D’Adderio o lo stesso Loris Dominissini sono stati i miei maestri di vita. Quella Reggiana era composta da grandi uomini oltre che da validi giocatori”.
Sei rimasto nel calcio?
“Ho iniziato nei giovani del Treviso, poi sono passato all’Udinese, al Pordenone, quindi al Venezia prima di tornare all’Udinese dove negli ultimi due anni sono entrato a far parte dello staff di Gotti. Quest’anno il mister mi ha chiesto se volevo seguirlo allo Spezia e ora faccio parte del suo staff”.
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