“I reggiani vivevano e vivono tuttora di calcio. E’ una città molto passionale ma anche discreta. Generosa e solidale ma anche riservata. Io vivo a Lucca che è pure una bella città ma non è la stessa cosa di Reggio, sia da un punto di vista dell’accoglienza sia della passione calcistica”
Marco Napolioni è stato il capitano della Reggiana del 2004/05 di Bruno Giordano che ha sfiorato la serie B: 33 partite comprese le due dei play off e 2 gol. Uno realizzato a Fermo contro la Fermana dopo il gol in apertura di Andrea Costa, l’altro contro il Teramo nella vittoria per 3 a 2. Napolioni ha vissuto solo un anno a Reggio Emilia ma molto intenso e soprattutto continua a frequentare la nostra città in qualità di responsabile scouting del Milan. “La vita quotidiana di un calciatore – rimarca Marco Napolioni – è condizionata dai risultati che ottieni sul campo. Detto questo a Reggio Emilia sono stato benissimo anche se è stata una parentesi di una sola stagione. Devo dire che a Reggio torno spesso per la mia attività di osservatore, ad esempio poco tempo fa ero alla scuola calcio della Via Emilia che sono convenzionati con il Milan”.
Cosa ti ricordi di quell’anno?
“A differenza dei miei compagni di squadra che avevano scelto di vivere in centro, io presi casa a Gavasseto, in una splendida villetta. Fu un’esperienza bellissima perché dopo poco tempo avevo già familiarizzato con i vicini e spesso ero invitato da loro a cena. Era veramente bello”.
Era facile fare amicizia?
“I reggiani vivevano e vivono tuttora di calcio. E’ una città molto passionale ma anche discreta. Generosa e solidale ma anche riservata. Io vivo a Lucca che è pure una bella città ma non è la stessa cosa di Reggio, sia da un punto di vista dell’accoglienza sia della passione calcistica”.
I piatti preferiti?
“I tortelli in tutti i modi ma in particolar modo di zucca e verdi. E poi il bollito. Impazzivo, anche perché erano fatti in casa”.
E il Grana?
“Figurati, avevo davanti a casa il Caseificio di Gavasseto e quindi andavo sempre a prendere il Parmigiano Reggiana anche da portare a casa”.
Un anno solo ma non ti sei fatto mancare niente.
“E’ stato molto intenso sotto tutti i punti di vista. Vivibile da cittadino, entusiasmante e complicato da giocatore. Per noi la vittoria voleva dire sopravvivenza. Avevamo capito ben presto che eravamo obbligati ad andare in serie B per salvare il salvabile ma purtroppo non ci siamo riusciti”.
Incideva nei rapporti con i tifosi questa precarietà sportiva?
“Anche loro sapevano della nostra situazione e ci hanno sempre incoraggiato e sostenuto. Per me poi, che ero il capitano della squadra, non era semplice, però i tifosi erano soddisfatti del nostro attaccamento alla maglia granata e ci hanno sempre incoraggiato”.
Quindi quando andavi in centro ero coccolato?
“I reggiani ti fanno sentire importante ma allo stesso tempo sono molto discreti, ti lasciano vivere la tua vita”.
Che locali frequentavi?
“Il nostro raduno era da Prospero. Il sabato eravamo in ritiro all’hotel Astoria e quindi la vasca in via Emilia era quasi obbligata. Erano sabati molto piacevoli”.
Dato che torni spesso a Reggio, la città la trovi cambiata?
“Vado soprattutto allo stadio e devo dire che il Giglio era bello ai miei tempi ma oggi lo è ancora di più. E’ uno degli stadi più belli d’Italia. Uno stadio vero, fatto per il calcio. La città è lo specchio dei reggiani: gente che lavora, che bada al sodo, una città in ordine, pulita, tenuta bene. Non c’è nulla da dire: è rimasta affabile e accogliente come un tempo”.
Da quanto tempo fai l’osservatore?
“Sono cinque anni. Adesso sono il responsabile scouting per Toscana che Emilia Romagna per il Milan”.
Come hai iniziato?
“All’inizio ho fatto l’allenatore nella Lucchese ma non mi trovavo bene, poi sono andato alla Tau Calcio di Altopascio. Una bella realtà e sono rimasto per sei anni, poi mi è stata fatta questa proposta del Milan e ho accettato. Vedo tutti i ragazzi dai 14 anni in su perché possono cambiare Regione. Ricevo tante segnalazioni ma spesso non sono attendibili e quindi preferisco andare a vedere di persona. In questo nostro lavoro non puoi tralasciare niente. Giro molto ma è anche appagante”.
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