Un talento purissimo che strego’ Nils Liedholm. Gli osservatori che andavano a vederlo lo consideravano piu’ forte di Roberto Mancini con il quale ai tempi del Bologna condivideva la stessa camera da letto. Era un’ala ambidestra, veloce, talentuosa, dribbling fulminante.
Un’altra storia che vale la pensa di raccontare è quella di Marco Macina (Città di San Marino, 30 settembre 1964) considerato a suo tempo una promessa del calcio internazionale.
Un talento purissimo che strego’ Nils Liedholm. Gli osservatori che andavano a vederlo lo consideravano piu’ forte di Roberto Mancini con il quale ai tempi del Bologna condivideva la stessa camera da letto. Era un’ala ambidestra, veloce, talentuosa, dribbling fulminante.
Un genio ribelle del pallone che si perse per strada, smettendo di giocare a soli 24 anni, nell’estate del 1988 per complicazioni dovute alla rottura di un legamento del ginocchio destro.
Ma veniamo alla sua breve carriera:
Finita la gavetta a Bologna, Macina viene spedito in B: una stagione ad Arezzo, una a Parma. Due campionati, 37 partite e 4 gol che gli valgono i complimenti di un giovane allenatore, Arrigo Sacchi che lo avrebbe voluto allenare. Nell’estate ’85 il trasferimento al Milan. Era il momento sbagliato: il padrone del Milan e’ Giussy Farina e la societa’ e’ in dissesto. Per quadrare i conti Farina apre al pubblico il ristorante e il bar di Milanello. Banchetti nuziali con vista sugli allenamenti. Liedholm, il tecnico, garantisce competenza, affina quel che c’e’ da migliorare nei piedi di Macina. Ma il ragazzo avrebbe bisogno di altro, di qualcuno che gli spiegasse che certe occasioni arrivano una volta sola.
Macina accumula 5 presenze, Liedholm lo usa come prototipo di un calcio spregiudicato. Una domenica Macina si mette al servizio di altre tre punte: Paolo Rossi, Mark Hateley e Pietro PaoloVirdis.
Con l’arrivo di Berlusconi lo mandano a Reggio Emilia, in prestito. Il messaggio e’ chiaro: o si confermera’ ad alti livelli o in caso contrario, fatti suoi. Dura e’ la C1 per chi ha vissuto l’atmosfera di San Siro. Macina gioca 23 partite, segna 4 gol e conosce Nardino Previdi, direttore sportivo. Diventarono amici e pensava di aver trovato la persona sulla quale contare. Ma il ragazzo pensava. Estate ’87: Macina, vincolato al Milan da un contratto fino al 1988, passa all’Ancona. Altro giro di C1. Stavolta ci sono complicazioni. Una domenica, a Ospitaletto, sente pizzicare il ginocchio destro. Lo visitano, dicono che deve essere il menisco e che nel caso si interverra’. Riprende ad allenarsi e il dolore aumenta. Esami piu’ approfonditi stabiliscono la verita’: e’ saltato un legamento. Operazione complicata, lunga convalescenza. Fa in tempo a giocare le ultime partite della stagione, le ultime partite da professionista della sua vita.
Marco Macina a 16 anni era uno dei migliori se non il migliore talento italiano ed a 24 anni era calcisticamente gia’ finito. Un po’ si e’ buttato via e un po’ l’hanno emarginato per fargli pagare l’orgoglio di essere stato Marco Macina quello piu’ bravo di Roberto Mancini
Oggi Macina non gioca neppure le partitelle con gli amici. Spende le giornate a rimuginare su quello che poteva essere e non e’ stato. Non ha piu’ avuto contatti con il mondo del calcio.
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