Non possiamo permetterci l’assillo della serie B anche perché la storia ci insegna che le promozioni sono arrivate quando la Reggiana non partiva favorita. Aimo Diana ci deve ridare il gusto dello spettacolo ma soprattutto occorre restituire il tifo al calcio altrimenti non ha senso continuare
A volte mi capita di rileggere ciò che ho scritto nei giorni scorsi. E’ utile per capire, per riflettere, anche per chiedere scusa o per fare autocritica.
La Reggiana ha fatto la scelta di puntare su quel profilo di allenatore emergente e che ha fatto “nozze coi fichi secchi” che ha saputo emergere in realtà in cui serve bravura, competenza e tanta voglia di emergere.
Non più tardi di martedì avevo apprezzato il lavoro svolto da Aimo Diana al Renate, come per altro quello di Zaffaroni all’Albinoleffe o di Modesto alla Pro Vercelli. Il ds Doriano Tosi ha scelto Aimo Diana e un giorno, forse lunedi’ in sede di presentazione, ci dirà quali sono state le sue motivazioni perché pensare a Tesser e prendere Diana non è certamente la stessa cosa.
Il grande rammarico e l’amarezza che mi ha accompagnato in queste settimane risiede nel fatto che la Reggiana ha gettato al vento l’occasione per rimanere in serie B, magari consolidarsi per poi anche pensare a un ritorno in serie A. E più passano i giorni e maggiore cresce questo rimpianto per ciò che poteva essere con scelte diverse e non è stato. Ma credo che se ne rendano conto soprattutto i soci granata che oltre alla sconfitta sul campo devono anche mettere mano al portafoglio. E ancora di più per la stagione che sta per iniziare. Si’ perché per assurdo la Reggiana in serie B, grazie ai contributi per i diritti tv, ha evidenziato un disavanzo di gestione inferiore rispetto a ciò che la proprietà si appresta a ipotizzare per il prossimo campionato di serie C. E purtroppo la Reggiana per retrocedere dalla serie B ha speso tanto. Lo capiremo meglio quando il bilancio 2020/21 sarà pubblico ma state certi che i numeri diranno che si è speso tanto e male. E’ questa progressiva presa di coscienza che mi macera.
Ma torniamo all’attualità, alla scelta di Aimo Diana. Onestamente non mi aspetto una Reggiana obbligata a tornare subito in serie B ma vorrei tanto rivedere una squadra vincente e divertente. Se “vincere aiuta a vincere” anche perdere ti porta a sentirti un perdente. E noi siamo reduci da un campionato dove la Reggiana ha perso 22 partite su 38 gare giocate e si è cullata sull’illusione di potercela fare senza guardare in faccia la realtà. La citazione di Gianmaria Manghi “la narrazione dell’ottimismo della volontà” rimarrà scolpita come un lascito per la tragica stagione scorsa.
Ecco, ritrovare il gusto della vittoria attraverso un calcio propositivo sarà già una grande conquista. Questo mi sento di chiedere al neo allenatore granata Aimo Diana: facci divertire vincendo. Poi se alla fine saremo promossi o se andremo a giocarci la serie B ai play off andrà bene ugualmente. Non possiamo avere l’assillo di tornare subito in serie B anche perché la storia ci insegna che la Reggiana è sempre stata promossa in serie B quando non è partita da favorita. E’ stato cosi’ con Romano Fogli, poi con Pippo Marchioro e con Max Alvini. Provate a pensarci e vedrete che è cosi’.
Penso ci sia bisogno di ritrovare il gusto della vittoria, di una squadra che gioca un calcio offensivo e vincente ma soprattutto di tornare allo stadio. Ecco un altro aspetto non più procrastinabile: i tifosi devono vivere lo stadio per ridare al calcio la sua dignità. Onestamente rinuncerei a vedere ancora una partita senza pubblico, a sentire solo la voce dei giocatori o dell’allenatore. Se i nostri politici pensano che questo sia calcio, io ci rinuncio. Il calcio deve tornare a essere padrone del tifo perché l’essenza è la partecipazione e fornire emozioni al popolo dei tifosi. E’ un presupposto fondamentale e ripeto irrinunciabile.
Aimo Diana si gioca la sua chance più importante perché si ritrova in una piazza ambiziosa, in un ambiente passionale, giocherà in uno stadio Europeo. Diana sa a cosa va incontro. Un direttore sportivo di cui faccio solo nome e cognome (Giuseppe Magalini) ha espresso un concetto importante: Diana è stato un giocatore che ha fatto 300 partite in serie A eppure ha iniziato la sua carriera di allenatore a Melfi, Sicula Leonzio e Renate accettando queste prove con forza di volontà. E oggi si misura con una piazza importante come Reggio Emilia conscio di essere maturo e pronto. E’ un allenatore che merita di essere seguito.
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