Sempre peggio. Capire, comprendere, interpretare il regolamento arbitrale è sempre più difficile e complicato per non dire impossibile. Non c’è più una regola certa se non in un solo caso: il fuorigioco. C’è uno strumento che tira le linee e possiamo solo discutere se è giusto o meno che sia fuorigioco per un millimetro o se invece si deve tornare al concetto di “luce”. Ma è una regola chiara e che si applica in modo certo. Tutto il resto è alla discrezione dell’arbitro. Perfino in area di rigore il famoso “pestone” viene valutato diversamente da una situazione all’altra. Ma ciò che mi stupisce è come gli arbitri interpretano le spinte, i contrasti, le trattenute, i falli, gli sgambetti in modo soggettivo, alla “famo come c’è pare”. Tutto sembra lecito o niente è lecito. Credo che anche i giocatori stessi facciano fatica a comprendere le dinamiche e i fischi arbitrali. Forse la volontà è quella di “educare” i giocatori a non fare sceneggiate. Ma continuo a vedere giocatori che si tengono la testa anche se hanno subito una botta al torace. Le ammonizioni sono a casaccio. Solo le proteste non sono tollerate e fioccano le ammonizioni in modo sistematico. Poi succede che su un fallo o presunto di Portanova arriva il gol e quella decisione assume un peso rilevante anche se nel corso della partita si verifica di tutto e il contrario. Premetto che la Reggiana in queste prime otto giornate non può lamentarsi per un arbitraggio che l’ha penalizzata ma è certamente l’incoerenza che regna sovrana a far rabbrividire. A Spezia non ha perso per una decisione dell’arbitro ma quel fallo di Portanova era simile a decine di altri che Bonacini non ha fischiato. E’ questa incoerenza che preoccupa.
Mi auguro che gli arbitri stessi si diano una linea o comunque cerchino di spiegare ai giocatori quale gestione della partita intendano intraprendere altrimenti prevarrà realmente la filosofia del “famo come c’è pare”.