Difesa, spirito di sacrificio, lettura della partita e mal di trasferta sono gli aspetti da migliorare per essere una squadra vera
Sembrerà strano affermare “meno male che questa sberla è arrivata alla sesta di andata” ma è proprio così. Siamo solo all’inizio di un lungo percorso e soprattutto alla vigilia di un ciclo di sei partite (Ancona, Gubbio, Cesena, Carrarese, Pesaro ed Entella in fila) che diranno di che pasta è fatta questa Reggiana. Certo fa male, è umiliante e non se lo meritano i mille tifosi presenti all’Attilio Pavesi e men che meno i tre soci granata che hanno messo ingenti risorse nel club. La sconfitta di Fiorenzuola può essere salutare a patto che i giocatori e lo staff tecnico comprendano quali sono i limiti emersi, non solo a Fiorenzuola ma in questo avvio di stagione. Senza trascurare un aspetto molto importante: la classifica che vede i granata a due punti dalle capoliste Siena e Gubbio ha attutito l’umiliante sconfitta al velodromo Pavesi.
LACUNOSA ORGANIZZAZIONE DIFENSIVA
Il primo elemento che balza agli occhi è la precaria organizzazione difensiva che coinvolge non solo i tre centrali e i due esterni ma tutta la squadra. Si può dire che la Reggiana non sa difendere in modo appropriato, anche a prescindere dai numeri che fino alla partita col Fiorenzuola indicavano i granata imbattuti da tre partite e con due sole reti subite. Se prendiamo in esame i film delle partite possiamo notare che anche quando i granata hanno vinto, vedi Lucchese, Alessandria e San Donato, hanno sempre concesso delle ghiotte occasioni agli avversari. A Siena c’è stata la sublimazione dell’autolesionismo. Questo è il primo elemento preoccupante perché non si può pensare di vincere un campionato se non si difende bene. I cinque gol subiti a Fiorenzuola sono un esempio lampante. Il tutto considerando che bene o male tutti i difensori sono stati utilizzati da mister Diana ad eccezione di Libutti che è stato l’unico sacrificato alla panchina. Questo per dire che non è un problema dei singoli ma della squadra.
TROPPA PRESUNZIONE
Il concetto di ritenersi superiori o comunque di essere sempre e comunque in grado di vincere la partita o di fare la differenza è un valore aggiunto nel momento in cui c’è la consapevolezza di essere una squadra perché è il campo che lo dice, non ciò che si è fatto in passato. La presunzione scaturisce anche da come approcci alla partita o da come la governi. Il Fiorenzuola, tanto per fare un esempio, si è adattato alla Reggiana per cercare di sfruttare i suoi punti deboli. I granata hanno fatto il contrario perdendo un minimo di equilibrio tattico. Ognuno pensava di poter rimettere da solo in equilibrio la partita. Il sentirsi superiori lo si evidenzia anche nei piccoli particolari che coinvolgono anche la gestione da parte della società.
INCAPACITA’ DI LEGGERE LE PARTITE
Si può preparare una partita in un modo e poi accorgersi che in campo va in scena un altro film e dunque occorre cambiare, modificare il proprio assetto o atteggiamento. Lo deve fare in primo luogo l’allenatore ma anche i giocatori in campo se si ritengono dei leader. Questo è avvenuto in occasione della partita col San Donato con l’inserimento di Rosafio alle spalle delle due punte ma a Fiorenzuola si doveva fare l’opposto, rinforzare il centrocampo togliendo il trequartista ma questa “lettura” non è stata capita oppure ci si è accorti quando la frittata era fatta. Avere la padronanza del campo significa gestire anche lo svantaggio senza arrivare all’imbarcata. Perdere 1 a 0 è diverso che 5 a 0. Stare in partita significa andare alla ricerca di quell’episodio che può dare una svolta senza compromettere del tutto il risultato. Questa è una capacità che appartiene solo a certi giocatori.
MAL DI TRASFERTA
E’ ormai evidente che c’è una Reggiana da trasferta e una Reggiana da Città del Tricolore. Le ragioni sono abbastanza difficili da capire perché sotto il profilo del tifo Rozzio e compagni hanno sempre avuto uno straordinario sostegno. A Fiorenzuola era come giocare a Reggio dato che su 1.500 paganti, 1.100 erano reggiani. Non si può nemmeno dire che il campo era troppo stretto e troppo lungo. Questi sono alibi che non reggono. E’ però vero che in trasferta la Reggiana ha perso due partite su tre. Se torniamo a ritroso nel tempo è ancora peggio ma l’unico comune denominatore è l’allenatore. Forse spetterà a Diana capire che lontano dal Città del Tricolore la squadra deve mostrare un altro atteggiamento, forse non c’è nulla di male nel pensare a giocare in modo più attento e coperto.
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