Nel corso di questi anni per quattro volte ha giocato i play out, solo in sette campionati è arrivata ai play off e ne ha vinto solo uno “accorciato”. E’ stata di passaggio in serie B per una stagione. Abbiamo sulle spalle due fallimenti e altrettante ripartenze, giocando anche una stagione nei dilettanti, in serie D
In questi giorni ho sentito e letto tante critiche ai giocatori, alla società, al tecnico, al direttore sportivo e più in generale alla Reggiana. Non voglio disquisire su questi aspetti perché in un mondo social ognuno può dire la sua ma penso che tutti noi abbiamo perso di vista la realtà, di ciò che siamo e soprattutto da dove veniamo.
E’ vero, anch’io mi ero illuso dopo aver visto una squadra giocare un buon calcio offensivo e dopo la vittoria sulla Feralpisalò ho pensato che forse si poteva realmente ipotizzare una Reggiana nella parte sinistra della classifica. Da quel periodo sono successe tante cose e oggi quella previsione era sbagliata. Ciò nonostante devo prendere atto che questa è la classifica che appartiene a una matricola come la Reggiana. Il Catanzaro è l’eccezione, noi siamo la regola. Bisogna considerare che la Reggiana negli ultimi 23 anni ha sempre giocato in serie C e anche in C2. Nel corso di questi anni per quattro volte ha giocato i play out, solo in sette campionati è arrivata ai play off e ne ha vinto solo uno “accorciato”. E’ stata di passaggio in serie B per una stagione. Abbiamo sulle spalle due fallimenti e altrettante ripartenze, giocando anche una stagione nei dilettanti, in serie D. E se siamo tornati nei professionisti, in serie C, è solo perché Amadei ha pagato il ripescaggio, sia chiaro. Come del resto dopo il fallimento Foglia siamo stati ammessi alla serie C2 per un cavillo burocratico, il famoso “logo Petrucci” che poi è stato cancellato. Ricordate?
“Noi siamo la Reggiana” è un concetto che a livello di calcio italiano non viene considerato, anzi ci sono squadre che lottano con noi per la salvezza che hanno più blasone, vedi Ascoli, Ternana, per non parlare di Brescia, Spezia, Pisa o lo stesso Cosenza. Certo possiamo dire di avere maggiore credibilità sportiva rispetto a Lecco e Feralpisalò ma siamo pur sempre una matricola. Il nostro biglietto da visita è il patron Romano Amadei, uno stadio che è un gioiello per il calcio italiano e io non mi soffermo sul fatto che appartiene alla Mapei perché poco importa. Abbiamo un nuovo centro sportivo che non è ancora completato. Ma nel nostro passato ci sono stati momenti bui e anche discutibili. Non so se vi ricordate quando la Reggiana doveva finire nella mani di Piero Santarelli. Era il 2010. Oppure di Teobaldo Smerieri. Vi esorto a sfogliare l’album dei ricordi tralasciando gli anni ’90 che ci hanno visto splendere di luce riflessa prima con il trio Fiaccadori-Corni-Marchioro poi con l’avvento di Franco Dal Cin. Andate a vedere gli organici di quelle squadre dal 2000 in poi, i direttori sportivi, gli allenatori e poi forse apprezzerete maggiormente ciò che oggi passa il convento.
Sono stati fatti degli errori? Certo, è possibile ma la nostra classifica non poteva che essere questa: in piena lotta per la salvezza.
L’unica cosa che vorrei non si ripetesse è la “narrazione dell’illusione” vale a dire il concetto: state tranquilli che tanto ci salviamo oppure tranquilli vinciamo la prossima partita. Questa “narrazione dell’illusione” l’abbiamo pagata a caro prezzo quando siamo retrocessi dalla serie B quasi senza accorgersene. Era un destino segnato perché la società e la squadra non erano preparati alla serie B. Forse sarà stato così ma oggi dobbiamo essere coscienti che ci sarà da combattere e lottare fino alla fine. Questo mi aspetto dalla società, dal tecnico e dalla squadra. Non chiedo altro. Del resto è lo stesso spirito dei tifosi granata, quelli che non mollano mai.
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