E’ fondamentale potenziare gli organici, le strutture sportive e gli staff. Un percorso lungo e in salita ma è l’unica strada percorribile per avere risorse economiche. E’ utile inserire nei convocati di mister Alvini un paio di giovani della Primavera, utilizzare gli ex granata che sono un valore aggiunto
Voglio prendere spunto da un trasferimento clamoroso per accendere i riflettori sul settore giovanile della Reggiana. Mi riferisco al baby prodigio Diallo Traorè passato dall’Atalanta al Manchester United per 40 milioni di euro. Un caso clamoroso per la valorizzazione del giocatore ma è bene ricordare che Amad Diallo Traorè, classe 2000 centrocampista del Sassuolo e Amad Diallo Traorè attaccante del Manchester Under, classe 2002, sono cresciuti (stagione 2015) nel Boca Barco, società dilettantistica reggiana. Stiamo parlando di due ragazzi che hanno una valutazione complessiva sui 60 milioni di euro. A beneficiarne sono stati Sassuolo e Atalanta e non la Reggiana. Non voglio entrare nelle pieghe di cosa è successo, è già stato scritto e caso mai potremo tornare sull’argomento ma ciò che voglio rimarcare è che questi due ragazzi sono solo la punta di un iceberg di una “dispersione di talenti” perché in questi anni da Reggio Emilia e dalla Reggiana sono usciti tanti atleti professionisti ma che per varie ragioni non hanno fatto le fortune sportive ed economiche della Reggiana. In un articolo a parte cercherò di focalizzare l’attenzione su questi ragazzi usciti dal settore giovanile granata o dal nostro territorio e che ne sentiremo parlare ma ora vorrei fare un discorso più specifico: l’importante del vivaio granata.
La Reggiana è reduce da un fallimento (stagione 2018) e questa è una ferita sportiva lacerante non tanto per la prima squadra, anzi forse ha consentito il coinvolgimento di un imprenditore come Romano Amadei, fino ad allora impensabile ma è stato un danno enorme per il settore giovanile che è stato “saccheggiato” dalle società professionistiche delle province limitrofe. Del resto ripartire dalla serie D per un vivaio professionistico è devastante. Alberto Biagini, allora responsabile del settore giovanile della Reggio Audace, ha fatto i salti mortali per riuscire a trattenere buona parte dei giocatori che erano tesserati. Ovviamente i ragazzi che erano in odore di Primavera o che si erano dimostrati i migliori nelle rispettive annate hanno cambiato casacca. E’ stata una ricostruzione lunga e lenta, un percorso reso ancora più difficile dall’impossibilità di avere delle strutture adeguate.
L’ascesa della Reggiana in serie B ha aiutato a riportare alla casa madre alcuni ragazzi che si erano “allontanati” o che forse non avevano trovato la giusta consacrazione. Il fascino della maglia granata è tornato a splendere e anche gli sforzi del club per tornare nel Centro sportivo sono serviti. Si sono alternate tante figure professionali alla gestione del settore giovanile e so anche per conoscenza che il patron Romano Amadei è più concentrato sulla prima squadra che non nello sviluppo del vivaio granata anche se il presidente Carmelo Salerno e il direttore generale Vittorio Cattani hanno più volte tracciato una linea che va nella direzione opposta, cioè di potenziare strutture, organico e staff tecnici.
Questo, in ogni caso, è il passato anche se è guardandosi indietro che si impara per il futuro. E il futuro del settore giovanile deve essere per forza di cose il potenziamento di tutto l’apparato perché oggi più che mai una società professionistica, soprattutto in serie B, riesce a sopravvivere se trae risorse economiche dai prodotti dei vivaio. Le famose plusvalenze scaturiscono dalle cessione dei propri giovani alle squadre di serie A. Non è pensabile di valorizzare e vendere a cifra importanti giocatori di 24 o 25 anni della prima squadra che hanno già un passato. Il mercato è cambiato. I tempi in cui Renzo Corni vendeva ogni anno alla serie A un giocatore, sfornato da Pippo Marchioro, sono finiti. Questo tipo di mercato si concretizza solo a gennaio e vale esclusivamente per gli attaccanti, come abbiamo visto per Diaw del Pordenone o per Torregrossa del Brescia. Oggi occorre mettere in mostra ragazzi della Primavera, proiettarli in prima squadra per poter realizzare degli introiti dal mercato. Non ci sono alternative. Allo stesso tempo è fondamentale per una società di serie B portare almeno cinque o sei giocatori in prima squadra, caso mai dopo un percorso di maturazione in società di serie C o anche di serie D. Fare come è stata costretta quest’anno la Reggiana non ha senso: è inutile avere in prestito dei giovani dalla serie A per la loro valorizzazione perché a fine stagione non ti resta nulla. E’ vero hai usufruito delle loro prestazioni a titolo gratuito ma ogni anno occorre ripartire.E’ per questo motivo che la Reggiana deve per forza di cose pensare a potenziare il settore giovanile e a valorizzarne i suoi prodotti. Oggi la serie B può anche consentire il ritorno di alcuni ragazzi che attraverso altre società stanno militando in serie C ma questo cordone ombelicale tra settore giovanile e prima squadra è fondamentale.La Reggiana deve compiere un salto di qualità in tutto: dal valore degli organici, alle strutture sportive e anche a livello di staff.
A livello di settore giovanile so per esperienza che c’è un radicato e spiccato “senso di appartenenza” e questo è importante ma non basta perché non bisogna mai dimenticare che una società professionistica è chiamata a selezionare per creare calciatori professionisti. Non è la Reggiana deputata a fare del sociale. Nemmeno la scuola calcio deve avere questa funzione perché questo ruolo spetta alle società dilettantistiche del territorio.E’ un percorso lungo ed è un progetto che non si può percorrere in pochi anni e per questo motivo il fallimento del 2018 ha portato un enorme danno alla Reggiana perché si è dovuti ripartire da zero o quasi. Poi c’è un altro aspetto: lo scouting sul territorio. E’ un altro aspetto essenziale per evitare che i giovani talenti reggiani emigrino a Parma o Sassuolo. Oggi la serie B consente di avere nuovamente una giusta attrattiva nei confronti dei giovani atleti e delle loro famiglie ma occorre nuovamente intensificare un percorso di formazione e di servizio per gli atleti. Sono concetti che hanno bisogno di tempo per dare i suoi frutti ma in questa logica si possono già compiere alcune mosse importanti. La prima è inserire nei giocatori a disposizione di Alvini due o tre ragazzi da portare in panchina. E’ una richiesta non impossibile dato che l’organico della prima squadra è limitato da molti infortuni. Non costa nulla avere in lista due o tre giocatori della Primavera e magari concedere loro qualche minuto.Il secondo fattore è quello di stringere ancora di più i rapporti con le società del territorio attraverso un progetto di affiliazione. In questa direzione è stato fatto molto ma ancora tanti si può fare.Come terzo punto l’utilizzo di quelle figure professionali che sono gli ex granata o comunque atleti reggiani che hanno fatto carriera nel calcio e che possono essere un valore aggiunto per la Reggiana, sotto varie forme. Inutile fare degli esempi però sono tanti i personaggi reggiani che possono aiutare la crescita del settore giovanile della Reggiana sotto vari aspetti e con diversi ruoli.
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Massimo cortesi
13 Marzo 2021, 08:54Trovo il suo articolo attento e puntuale mi permetto una cosa X un settore giovanile attento e capace ci vogliono responsabili reggiani con tanti anni di esperienza e che vadano sui campi a vedere giocatori di continuo e conoscere molto bene il territorio!!!!!!
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