Il pesce puzza sempre dalla testa

Occorre un ricambio a livello dirigenziale in Federcalcio, imporre che le squadre Primavera, in modo particolare, siano composti in maggioranza da giocatori italiani o nati in Italia e poi è indispensabile la riforma dei campionati per non penalizzare le società sane e di grandi tradizioni e centri urbani

Sul fallimento dell’Italia calcistica mi permetto di fare alcune considerazioni.

La prima riguarda la classe dirigenziale, perché come dice un vecchio saggio “il pesce puzza dalla testa” ebbene se il calcio italiano pensa di migliorare o progredire chiamato Giancarlo Abete alla guida della Lega Nazionale Dilettanti, che è il volano di tutto il calcio giovanile, allora non abbiamo capito niente. Non ho nulla contro Abete ma è il passato. Ce ne dobbiamo rendere conto.

E’ giusto non buttare via l’esperienza di queste persone ma occorre affidarsi a uomini nuovi, emergenti, preparati su più livelli. Non dico solo manager ma anche. E questo è il classico esempio se pensiamo che alla guida della Figc c’è Gravina che come Ghirelli presidente della Lega Pro e ora anche vice presidente della Figc rappresentano ciò che di più vecchio c’è nel calcio. Gravina, per chi lo conosce, ha un lungo passato e guarda caso Gravina e Ghirelli sono gli stessi che hanno retto le sorti della serie C. Ciò che bisogna cambiare sono i vertici della Federcalcio sempre che non si pensi, come in effetti è, che alla fine il calcio viene governato dalle Leghe e non dai vertici della Figc.

L’altra considerazione riguarda l’annoso discorso dei giovani italiani che non trovano spazio nelle squadre ma non è questo il vero problema. Non è perché la serie A ha solo stranieri che c’è un impoverimento del calcio italiano ma occorre andare alla radice del problema. Sono i settori giovanili delle squadre di serie A e B che non hanno giovani. Vi invito a visitare gli organici delle squadre Primavera dei maggiori club di serie A: all’80% sono tutti stranieri. Provate e mi direte se sbaglio o meno. Se non partiamo da questo concetto, vale a dire che i nostri settori giovanili devono essere composti all’80% da giocatori italiani o nati in Italia non se ne uscirà mai.

Adesso, vedrete, per nascondere la verità si parlerà di riforma dei campionati, che è un provvedimento indispensabile perché la serie C non può reggere certi costi, soprattutto le squadre come Reggiana, Modena, Triestina, Padova, Bari, Catanzaro, Avellino e altri club che hanno costi elevati per strutture, aspettative e bacino d’utenza. Aveva ragione Lotito quando affermava che il merito sportivo deve passare in secondo luogo rispetto ai concetti tipici del basket americano. E’ inutile che ce lo nascondiamo.

L’esempio calzante, senza andare lontano, è stato il Brescello che ha avuto il suo momento di splendore arrivando a un soffio dalla serie C ma poi nel tempo è tornato nel suo alveo. E cosi’ accadrà per tante altre società che sono in categoria al di sopra delle loro potenzialità e ci sono per una perfetta organizzazione, per meriti sportivi ma anche e soprattutto perchè c’è un patron facoltoso che mettere ingenti risorse. Ma tornando all’argomento iniziale se non si cambiano gli uomini, non si riforma il settore giovanile e i campionati faremo dei grandi dibattiti ma alla fine prevarrà il gattopardismo “bisogna cambiare tutto affinchè nulla cambi”.

 
Wainer Magnani
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