Nel settore giovanile serve soprattutto dare continuità

Nel settore giovanile serve soprattutto dare continuità

Per ottenere questi risultati occorrono due elementi fondamentali, anzi tre: investimenti, strutture sportive e organizzazione

Non sono in grado di giudicare il lavoro di Marco Lancetti. Mi ritengo suo amico e ho stima per la sua professionalità. Ritengo però che per rilanciare il settore giovanile della Reggiana come merita e come bisogna fare per rendere il club “sostenibile” come viene da più parti annunciato, occorre dare forza a un altro concetto: la continuità. Se dobbiamo prendere in esame i risultati della stagione scorsa si può sottolineare come la Under 16 e la Under 15 sono arrivate alle fasi finali e la Under 17 ha sfiorato i play off. Male la Primavera ma per tanti motivi. Ma i risultati per chi opera nel settore giovanile non si misurano nei successi o nell’approdo ai playoff bensì nella possibilità di far crescere dei ragazzi che possano diventare dei professionisti. Questo è l’obiettivo vero di un settore giovanile professionistico. Fare selezione. Vincere i campionati non serve a niente se poi nessun ragazzo approda in prima squadra o in settori giovanili di società di serie A. Per ottenere questi risultati occorrono due elementi fondamentali, anzi tre: investimenti, strutture sportive e organizzazione. Reggio Emilia è una provincia che nonostante tutto offre un materiale sportivo eccellente e lo dimostrano i tanti ragazzi reggiani che sono approdati nei professionisti o che sono indicati tra i migliori giovani a livello italiano. L’elenco è lungo e se volete lo posso sciorinare, potrei stupirvi ma non è questo il concetto che vorrei esprimere.

Penso di conoscere abbastanza bene la realtà del settore giovanile della Reggiana, le sue difficoltà, gli sforzi che allenatori, dirigenti e genitori hanno fatto in questi anni. I ragazzi si sono allenati in condizioni non idonee a una società professionistica, inutile nasconderlo. Chi ha frequentato anche solo per un giorno i campi di via Agosti si è reso conto della precarietà dei campi d’allenamento e soprattutto degli spogliatoi. Tutto è inadeguato per una società professionistica. Come detto gli allenatori e i dirigenti hanno fatto il massimo e forse di più per tenere alto un senso di appartenenza che è uno dei valori più importanti della Reggiana. Lo spirito di corpo che pervade chi opera nel vivaio granata è il vero patrimonio del club però non basta per poter pensare di creare dei futuri calciatori. Non si può pensare di non avere a disposizione un centro sportivo all’altezza non solo per gli allenamenti ma anche per le varie partite. In questi anni le giovanili hanno girovagato per i campi della Provincia. E se sotto un certo punto di vista è positivo perché si è portata l’immagine della Reggiana a Casalgrande, Montecchio, San Polo, Vezzano, Masone, Calerno e in città, sotto un altro aspetto si sente la mancanza di una “casa granata”. Occorre quindi investire in strutture, riportare il centro sportivo di via Agosti ai fasti di un tempo. Ma non è sufficiente. Nel settore giovanile occorre mettere risorse per avere allenatori, staff, organizzazione e immagine adeguate alla Reggiana. In questi anni si è fatto molto e non sono certo io a poter giudicare l’operato dei vari staff ma se ogni anno il responsabile del settore giovanile viene cambiato mi chiedo a chi spetta il compito di scegliere e organizzare. La selezione dei ragazzi è un altro capitolo importante perché si può scegliere la soluzione di reperire risorse umane solo dal territorio reggiano oppure anche di gettare lo sguardo oltre provincia ma significa investire in un convitto. Il servizio dei pulmini che facilita il trasporto dei ragazzi e la vita dei genitori è un altro aspetto rilevante e che fa parte dell’organizzazione che deve essere implementata se si vuole credere nei giovani. Avere la sede del club dove ci sono i campi di allenamento vi potrà sembrare una banalità e invece a livello organizzativo è fondamentale.

La cosa che mi stupisce è che ogni anno ci sia un nuovo responsabile del settore giovanile, nuove figure anche a livello di dirigenti. Non è possibile. Provate a guardare nelle altre società cosa succede e capirete la differenza.

So per esperienza che a Romano Amadei non si è mai interessato investire risorse nel vivaio ma il mercato è cambiato e se si vogliono trovare risorse dalle cessioni dei giocatori si può solo pensare ai giovani del vivaio. La serie C non consente di incamerare soldi dalla cessione dei cartellini dei giocatori. Pensare di essere una società “sostenibile” significa avere in prima squadra dei giovani del proprio vivaio. Questa è l’unica ricetta altrimenti si deve fare come il Cittadella: drastica riduzione dei costi. Ma la Reggiana non se lo può permettere.

Questo non significa che la Reggiana quest’anno non ha investito nel vivaio ma certamente non in modo adeguato per poter recuperare il terreno perduto. La serie B offre maggiori risorse anche per il settore giovanile (lo scorso anno è stato speso quasi un milione di euro) ma anche in serie C occorre fare uno sforzo. Prendere giocatori in prestito da altre società significa solo valorizzare il loro patrimonio a fronte di pochi spiccioli.

Ma questo è solo il primo capitolo di un discorso che affronterò in seguito.

Wainer Magnani
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