La storia recente della Reggiana ci trasmette due insegnamenti: il primo è che occorre sempre un rigido rispetto del budget e la seconda è che “un uomo solo al comando” porta inevitabilmente al passaggio del testimone o ancora peggio al fallimento.
E’ stato cosi’ fin dai tempi di Giovanni Vandelli per passare anche all’epoca Franco Dal Cin, poi Cimurri-Foglia, proseguita con Iniziativa Tricolore, la gestione Barilli e infine l’era Piazza. C’è stata solo una parentesi fortunata sotto la proprietà Sacchetti-Veroni-Morini con la gestione Fiaccadori che aveva un principio di autofinanziamento attraverso il mercato ma quando è prevalso l’obiettivo sportivo con la conquista della serie A si è arrivata alla cessione.
Una lunga premessa per focalizzare un aspetto che si sta sempre più caratterizzando anche per questa gestione della Reggiana.
Se torniamo a ritroso al 2018 quando è nata la Reggio Audace possiamo evidenziare come vi era un concetto ben preciso di condivisione anche se da una parte vi erano i soci reggiani con il 50% delle quote e il restante era in mano a Marco Arturo Romano. Poi con l’uscita dell’imprenditore romano la Reggio Audace è rimasta nelle mani dei soci reggiani (Conad 21,5%, Fico 18,7%, Olmedo 15,6%, Immobil Emme 30 e Futurcemme 14%, Len Solution 11,9, Gianni Perin 8,1% e Marco Arturo Romano 10%).
Ma poi Romano Amadei è subentrato a Marco Arturo Romano e la società ha ancora più allargato la sua base con l’ingresso di Cesare Roberto, Livio Bondavalli e Modulcasa ma soprattutto una omogenea ripartizione delle quote (Romano Amadei 30%, Conad 20%, Giuseppe Fico 10%, Cesare Roberto 10%, Livio Bondavalli 5%, Modul Casa 5%, Olmedo 5%, Mauro Carretti 5%, Gianni Perin 5% e Cristiano Giaroni 5%).
Con l’avvento di Carmelo Salerno, chiamato dal patron Amadei, l’equilibrio si è spostato con Romano Amadei sceso al 26% per far spazio a Carmelo Salerno 25% che ha alleggerito il peso di Quintavalli, Carretti, Fico, Perin, Giaroni e Conad mentre Livio Bondavalli è passato al 3,5%, Cesare Roberto al 7% e Iller Reggiani al 5%.
Nonostante la vittoria dei play off e la storica promozione in serie B il nucleo dei soci si è assottigliato con l’uscita di Cristiano Giaroni, Modul Casa, Livio Bondavanti e soprattutto Conad. In questo contesto le quote (non più aziendali ma nominali) sono state assorbite in modo prevalente da Romano Amadei passato al 43,46% e da Carmelo Salerno salito al 29,08% con Cesare Roberto al 8,14%, Giuseppe Fico 5,09%, Luca Quintavalli 5,09%, Mauro Carretti 5,09% e Iller Reggiani 1,73%.
Una lunga (spero non noiosa) cronistoria societaria da Reggio Audace ad Ac Reggiana 1919 per far comprendere il cammino che si sta imboccando e che rischia di essere rischioso.
L’aspetto che balza agli occhi è come l’asse della Reggiana si sia decisamente spostato sotto il segno di Amadei-Salerno ma soprattutto i soci si sono ridotti da 12 a 8 e il pericolo è che altri decidano di cedere le loro quote. Già oggi si può dire che alla Reggiana c’è “solo un uomo al comando” ma se ci sarà l’uscita di altri soci arriveremo a un monopolio che – come detto – non è mai stato un bene per la Reggiana. Non parlo da un punto di vista organizzativo e decisionale, perché in questa logica è molto più semplice: se a capo di una società c’è solo una persona è lui che decide e fine delle storie. Ma è il peso gestionale di una società di calcio che ha sempre portato a una crisi.
L’esempio più calzante è stata Iniziativa Tricolore che aveva messo al tavolo industriali di assoluto spessore (Fabio Storchi, Vando Veroni, Nino Spallanzani) ed esponenti del mondo cooperativo che erano dei colossi: Lusetti per la CIR, Fontanesi per la Betulla, Cigarini per Unibon ma il crescente aumento del fatturato e il mancato controllo del budget ha indotto prima gli industriali e poi le cooperative a disfarsi della Reggiana cedendola ad Alessandro Barilli pur avendo ancora in pancia dei crediti.
Un percorso storico che ci deve far riflettere per evitare di commettere gli stessi errori. Quindi è fondamentale un rigido rispetto del budget per evitare disavanzi di gestione fuori logica ma soprattutto cercare di allargare sempre la base sociale per evitare che il peso della gestione sia solo sulle spalle di un singolo socio. Poi sta nella capacità gestionale e nell’intelligenza dei singoli ritagliare i giusti spazi per rendere visibile l’impegno dei vari soci a favore del territorio e della reggianità.
La Reggiana ha due realtà consolidate: una tifoseria passione, radicata e importante e uno zoccolo duro di sponsor-tifosi. A loro bisogna rivolgersi per trovare linfa per la compagine societaria, come del resto è sempre stato negli anni. Può essere naturale un ricambio all’interno della compagine societaria reggiana ma è fondamentale allargare la base sociale e fare in modo che il “senso di appartenenza” e il radicamento al territorio sia espressione collettiva. Offrire la possibilità ai nuovi soci di evidenziare il loro tributo al territorio e la capacità di portare avanti il concetto di reggianità. In questo contesto sarà fondamentale creare le basi per costruire la “casa granata”. Un nuovo centro sportivo che sia il riferimento per tutta l’attività calcistica del club e che consenta nuovamente di valorizzare il patrimonio giovanile, unica “miniera” per avere risorse finanziarie e tecniche per la prima squadra. Senza un florido vivaio nel calcio d’oggi non si può sopravvivere se non immettendo ingenti risorse economiche che non tutti i proprietari si possono permettere.
E’ comprensibile che oggi con una cocente retrocessione alle spalle, è molto più complicato allargare la base sociale ma la Reggiana è una società atipica perché è stato proprio dopo la promozione che il club ha “perso” quattro soci per cui nulla è scontato. Ciò che è fondamentale è entrare in questa logica di condivisione e di valorizzare il senso di appartenenza e il radicamento al territorio. Questa è la strada maestra per dare un futuro solido alla Reggiana.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *