Re Carlo ha iniziato la sua avventura proprio a Reggio Emilia

Re Carlo ha iniziato la sua avventura proprio a Reggio Emilia

Ancelotti non ha mai disconosciuto le sue radici, il senso di appartenenza alla sua terra e noi dovremmo fare di tutto per esaltare questo aspetto

Quanto tempo è passato. Era il giugno del 1995 quando, dopo la conferenza stampa, Franco Dal Cin ha invitato Carlo Ancelotti sulla tribuna dello stadio Giglio per un saluto ai tifosi che si erano radunati per l’evento. Carletto era stato un grande giocatore della Roma e del Milan e si presentava alla Reggiana con l’esperienza di vice di Arrigo Sacchi con la nazionale italiana. Era al debutto come allenatore e Dal Cin ebbe l’intuizione di portare in granata un “figlio” della nostra terra ma soprattutto un allenatore “protetto” dalla Federcalcio. Era il pupillo del Ct Arrigo Sacchi. Inutile ripercorrere la storia di Ancelotti con la Reggiana perché ormai la conosciamo bene, però è giusto fare una riflessione: oggi Carletto ha festeggiato il suo 24esimo titolo da allenatore. Quanto tempo è passato eppure Ancelotti non dimentica le sue radici, non l’ha mai fatto e anche ora che è in cima al mondo sa che tutto è iniziato nella sua terra, con la Reggiana. Gettando lo sguardo al cielo avrà anche pensato come sarà stato felice il suo amico Villiam Vecchi, un altro che ha reso grande la nostra terra reggiana. Noi reggiani, a volte, dimentichiamo ciò che siamo in grado di fare. Non voglio essere patetico ma se riflettiamo sulle nostre eccellenze che troppo spesso non mettiamo sotto i riflettori, potremmo scoprire come i reggiani sono realmente i campionati del mondo in tanti ambiti: sportivi, commerciali, industriali, alimentari, della moda. Forse avremmo bisogno di copiare dai nostri cugini che riescono a far credere che la loro viscosa è seta (non voglio usare il paragone con la cioccolata per non essere volgare) perché sanno valorizzare ciò che producono. Lo stesso dovremmo fare noi. Quanti sono i reggiani campioni del mondo? Ancelotti, Maramotti, Fagioli, Montipò e tanti altri che potete aggiungere. Mi chiedo perché non dobbiamo valorizzare e pavoneggiarci per il nostro marchio made in Reggio Emilia. Proviamo a pensare in positivo e per una volta a ciò che Reggio esporta nel mondo come immagine. Carletto Ancelotti è un esempio: è campione del Mondo e ha sempre esaltato le sue origini contadine, reggiolesi e reggiane. Il senso di appartenenza è un valore importante per la nostra vita, per l’economia, per il nostro territorio.
In queste settimane ho intervistato tanti ex giocatori granata chiedendo loro cosa racchiudono nel cuore della loro esperienza di vita a Reggio Emilia. Non solo o non tanto di ciò che è stato da un punto di vista calcistico ma proprio di vissuto. Provate a leggere le risposte e capirete come dall’esterno la nostra familiarità, la nostra tradizione, l’accoglienza e il saper vivere la vita è un patrimonio che inconsciamente esportiamo.
Chiudo questa riflessione con un pensiero a Ivan Paterlini che ha sempre fatto dell’appartenenza il suo credo.
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