Reggiana, storia di una retrocessione/2

Reggiana, storia di una retrocessione/2

Dall’isolamento della squadra per le norme anti Covid, al mercato di riparazione, alla preparazione atletica post Covid, al cambio al vertice della società

Seconda parte

PORTE CHIUSE. La Reggiana per le norme anti Covid si è sempre allenata a “porte chiuse” e questo ha impedito quella “trasparenza” che in realtà come Reggio Emilia aiutano a capire ma anche a prevenire determinate situazioni che poi sfociano in situazioni imbarazzanti o profonde lacerazioni. Si è creato un circuito vizioso per cui non c’era un controllo effettivo della situazione ma erano i giocatori a trasmettere ai tifosi gli umori e il clima che si è venuto a creare all’interno del gruppo. Maldipancia che poi venivano diffusi sui social o nelle varie chat. In questa logica si spiegano alcune esternazioni dello stesso Alvini o del ds Tosi nelle varie interviste che tendevano a smentire voci di litigi o screzi all’interno del gruppo ma che in realtà non erano mai state scritte dai media ma solo fatte trapelare dai social. C’è stata una “copertura” che anziché tutelare la squadra l’ha condizionata ma soprattutto ha sempre messo la polvere sotto il tappeto anziché portarla alla luce per una soluzione.

MERCATO DI GENNAIO. Difficile capire chi ha deciso per il cambio del modulo ma sta di fatto che Alvini ha optato per passare dal suo tradizionale e conosciuto 3-4-1-2 a un 4-3-1-2. Quindi difesa a quattro, centrocampo a rombo e due punte. Questo è stato l’orientamento dato al ds Tosi che rapidamente ha portato alla corte di Alvini cinque giocatori di grande esperienza ma che avevano alle spalle un lungo periodo di inattività. Un aspetto decisivo che gli stessi atleti hanno pagato con un evidente calo di condizione ed infortuni muscolari, dopo un buon debutto. Col senno del poi sono scelte che si sono dimostrate inadeguate per l’obiettivo prefissato. Solo Del Pinto possiamo ha avuto un rendimento sufficiente. Ma ciò che stona è che Laribi è stato presentato come interno di sinistra nel centrocampo a tre mentre si è rivelato un esterno o un rifinitore e Siligardi è stato ingaggiato come seconda punta ma il realtà nelle poche partite giocate è stato utilizzato da esterno. Ma la cosa più grave è che in un progetto tattico di una difesa a quattro il terzino sinistro è fondamentale mentre in quel ruolo sono stati “adattati” tanti giocatori: da Yao, Gyamfi, Kirwan a Costa ma senza avere le giuste garanzie. Cinque rinforzi che hanno avuto un costo a livello d’ingaggio lordo superiore al milione d’euro. Con questa cifra a disposizione forse si poteva operare diversamente privilegiando il centravanti, vedi Dionigi finito all’Ascoli per poi puntare su altri elementi di serie C che potevano avere grandi motivazioni. L’aspetto positivo è che tre dei cinque rinforzi (Ardemagni, Laribi e Siligardi) sono in prestito, mentre solo Yao e Del Pinto hanno contratti pluriennali.

LA PREPARAZIONE. Alvini ha ammesso che qualcosa si è sbagliato nella gestione della preparazione del dopo Covid, quando cioè si è ripreso la preparazione dopo il lungo stop. E’ un concetto che solo gli addetti ai lavori possono sviscerare ma i tanti infortuni muscolari che si sono verificati è la dimostrazione evidente. E la sfiduciaè diventata evidente quando Fausto Rossi dopo il terzo infortunio muscolare è stato appoggiato per la rieducazione al centro Isokinetic di Bologna. Infortuni di lunga durata (Gyamfi un mese e mezzo, Kargbo quasi due mesi, Martinelli oltre due mesi) che hanno fortemente condizionato le scelte di formazioni di Alvini. Una continua rotazione che ha impedito di avere uno “zoccolo duro” affiatato e solido.

IL CAMBIO AL VERTICE. E’ il 10 dicembre 2020 e viene messo in atto ciò che era già stato deciso dopo il termine della stagione scorsa: il cambio al vertice della presidenza con il passaggio del testimone da Quintavalli a Salerno. Una decisione che, come detto, era già stata presa nel momento in cui Romano Amadei era entrato a far parte della società granata rilevando le quote di Marco Arturo Romano e mettendo i famosi 300mila euro a fondo perduto per il ripescaggio. Il suo progetto era chiaro: Doriano Tosi direttore sportivo e Carmelo Salerno presidente. Tosi era salito subito in cabina di regia per allestire la squadra che poi ha vinto i play off e Salerno, in attesa della presidenza, ha avuto la delega tecnica pur senza avere nessuna nomina dato che il presidente è rimasto Luca Quintavalli e il vice Mauro Rondanini in rappresentanza di Conad. Al termine della stagione, anche in virtù di un aumentato impegno di Romano Amadei e dello stesso Salerno, era stato deciso di assegnare la presidenza per la stagione 20/21 a Carmelo Salerno. Una scelta fatta a luglio ma che è stata prolungata al 20 dicembre 2020. Ad accelerare questa mossa è stata anche l’uscita dalla compagine societaria di Conad (27 novembre 2020) e il successivo aumento di azioni da parte di Amadei e Salerno che oggi detengono il 74% delle azioni granata.

Segue…

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