Servizio di Lorenzo Zani
Massimiliano Esposito per tutti i tifosi granata è l’eroe di San Siro, l’uomo che ha segnato il gol partita contro il Milan che ha sancito la storica salvezza in serie A della Reggiana.
Era il 1 maggio del 1994. A distanza di 27 anni la Reggiana sarà chiamata ad onorare un altro 1 maggio: contro il Pordenone dovrà essere l’inizio della cavalcata verso la salvezza in serie B.
Esposito, ha esordito in serie A nella stagione 93/94 con la maglia granata. Quale emozione si prova a debuttare nella massima serie del campionato italiano?
“Fu un’emozione grandissima. Nell’estate del 1993 la Reggiana mi prelevò dal Catanzaro in serie C2, facendomi compiere un salto di ben tre categorie e dandomi la possibilità di confrontarmi e crescere con i più grandi campioni di quegli anni. Sarò sempre grato per questo alla Regia”.
Primo maggio del 1994, cosa le viene in mente?
“Si tratta di una data impressa e scolpita sia dentro di me, che nel cuore e nelle menti di tutti i reggiani. È stato un giorno indimenticabile, una salvezza sudata e meritata all’ultima giornata”.
Cosa ricorda di quella stagione.
“Fu un’annata molto difficile, trattandosi del nostro primo anno in serie A. Siamo stati bravi a non mollare mai. Grandi meriti sono da attribuire al pubblico, alla società ed allo staff tecnico, che fino all’ultimo ci hanno supportato ed incoraggiato”.
Quando le arrivò quel pallone, si trovava in posizione molto defilata, come mai scelse la soluzione di calciare immediamente ?
“Decisi di colpire il pallone di prima intenzione perché Panucci mi stava chiudendo. Fu un goal di istinto e coraggio. Quel tipo di tiro l’avevo provato diverse volte nelle giovanili del Catanzaro, dove ebbi un allenatore che notò in me questo modo di impattare il pallone con le ultime tre dita”.
Cosa si prova nel segnare alla scala del calcio, contro il Milan campione d’Italia e d’Europa?
”Sono gioie che ti restano dentro. In quella rete è racchiuso tanto: una salvezza all’ultima giornata ed il mio primo goal ad una grande squadra”.
Fu il goal più bello segnato in carriera?
“No, fu il più importante. Il più bello lo feci in rovesciata quando indossavo la maglia del Napoli. Mi arrivò palla da cross, decisi di stopparla con la testa facendola impennare, per poi colpirla in acrobazia, insaccandola agli incrocio dei pali”.
Il primo maggio di quest’anno la Reggiana giocherà una partita decisiva per la sua permanenza in serie B contro il Pordenone, crede che potrà vincere?
“Io non voglio sbilanciarmi. Mi auguro e spero che vincano per poter continuare a sperare nella salvezza. In caso contrario, mi dispiacerebbe per la città di Reggio Emilia e la sua tifoseria. Un’eventuale retrocessione non deve essere considerata come un fallimento, ma vista come un punto di partenza”.
Nel narrare il suo goal ha parlato di coraggio. Pensa che questo sentimento sia venuto un po’ a mancare alla Reggiana quest’anno?
“Un allenatore qualche anno fa disse “Vincere aiuta a vincere”. Io l’ho ribattezzata in “perdere aiuta a perdere”. Quando entri in questi vortici, si fa fatica a venirne fuori. Ma io sono convinto che se la società ed i tifosi staranno vicino alla squadra, facendo sentire il calore caratteristico dei reggiani, potranno salvarsi come aveva fatto noi”.
Cosa le hanno lasciato nel cuore la città di Reggio ed i tifosi granata?
“Con la città di Reggio ho avuto un bellissimo feeling. Arrivai qui giovanissimo. I tifosi e la società mi coccolarono sin da subito. È stata un’esperienza che aldilà del goal salvezza, porterò sempre nel cuore”.
Che cosa significa per un napoletano giocare nel Napoli?
“È il coronamento di un sogno. Ho sempre sognato, così come tutti i bambini, di vestire la maglia della mia città. Da napoletano arrivare a giocare al San Paolo, dove era stato protagonista il grande Maradona, è stata un’emozione grandissima”.
Il 25 novembre 2020 è morto Diego Armando Maradona. Cosa ha rappresentato per lei il Dio del calcio?
“Maradona per noi napoletani ha significato tanto. Diego ha avuto il merito e la grandezza di portare gioia e felicità, conquistando scudetti e coppe, a Napoli. Una città che vive di calcio dalla mattina alla sera”.
Oltre all’esperienza nel calcio, ha giocato ed allenato nel beach soccer. Cosa mi può dire di questa sua avventura ?
“Ho iniziato per curiosità. Terminata la mia carriera nel calcio, mi è stata proposta un’esperienza nel beach soccer, data la mia abilità nelle rovesciate. Si tratta difatti di un gesto tecnico molto utilizzato in questo sport, allora decisi di tentare questa nuova avventura. Ho giocato per 5 anni e successivamente ho allenato la nazionale Azzurra”.
Quale tipo di allenamenti vengono fatti per questo sport?
“Sono allenamenti simili al calcio. Si lavora sulla forza, resistenza e tattica. Ovviamente giocando su un terreno diverso, cambiano le risposte alle proposte”.
Attualmente è ancora dentro al mondo del calcio?
“Dopo l’esperienza nel Beach Soccer, mi sono riaffacciato nel calcio come mister. L’anno scorso allenavo nel settore giovanile del Padova. Quest’anno, insieme ad un altro ex calciatore, abbiamo preso in gestione una società dilettantistica con l’obbiettivo di formare e far crescere giovani di valore”.
Avendo allenato un settore giovanile, si trova d’accordo con le parole di Riccardo Calafiori, terzino classe 2000 della Roma, che ha dichiarato “ i giovani hanno talento, fateci giocare”?
“Questo é un tema su cui si è sempre molto discusso in passato, ma ad oggi è stato fatto ancora poco. Il problema risiede nella mentalità del calcio italiano. All’estero ci sono giovani che debuttando in prima squadra, sfoderando grandi prestazioni”.
Per quale motivo i club italiani tendono ad acquistare giocatori già formati, piuttosto che puntare sui giovani dei settori giovanili?
“Purtroppo in Italia conta tantissimo il risultato. Agli allenatori si da molto poco tempo per lavorare con i propri giocatori. Dopo due o tre brutte sconfitte si é esonerati. Per questo motivo i mister prediligano schierare calciatori formati e con esperienza”.
Lorenzo Zani
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